La Vitamina D

La vitamina D (calciferolo) è un micronutriente fondamentale per la nostra salute.
Nello specifico, per vitamina D si intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da cinque diverse molecole, di cui le più importanti per il nostro corpo sono la vitamina D3 (colecalciferolo) e la vitamina D2 (ergocalciferolo).
La vitamina D3 è sintetizzata negli organismi animali ed è presente in poche fonti alimentari: fegato e carni rosse, latte e derivati, olio di fegato di merluzzo, pesci grassi (es: salmone, aringa, trota), tuorlo d’uovo. La vitamina D2 invece è presente in alimenti di origine vegetale come verdura a foglia verde (spinaci, erbette, bietola) e funghi. Evidenze scientifiche hanno dimostrato che la forma più efficace e meglio assorbita per via orale (maggiormente biodisponibile) è la vitamina D3 (Lehmann et al., J Clin Endocrinol Metab, 2013).
Sebbene sia inclusa tra le vitamine, essa agisce in realtà come un ormone che regola diverse funzioni dell’organismo. Il ruolo principale della vitamina D è quello di promuovere un ottimale assorbimento intestinale del calcio assunto con la dieta e di favorire quindi una corretta mineralizzazione dello scheletro. In realtà è ormai dimostrato che questa è solo una minima parte degli effetti benefici della vitamina D sull’organismo. Numerosissimi studi hanno infatti ulteriormente attribuito alla vitamina un ruolo importante nella salute del sistema cardiovascolare e nella prevenzione del cancro (Judd & Tangpricha, Am J Med Sci, 2009; Grant, Cancer, 2002). La vitamina D è inoltre implicata nel potenziamento del sistema immunitario ed è anche per questa ragione che nei mesi invernali, quando la sua concentrazione a livello plasmatico è bassa, tendiamo ad ammalarci maggiormente.
A differenza di altre vitamine, la vitamina D3 deriva solo in parte dalla alimentazione. Infatti, l’organismo è in grado di sintetizzarlo autonomamente con la sola esposizione della pelle alla luce solare. Una volta prodotta, la vitamina D è immagazzinata nel tessuto adiposo il quale può rilasciarla in caso di necessità.
La quantità prodotta autonomamente dipende da diversi fattori quali ad esempio il periodo dell’anno (c’è meno sole nei mesi invernali), l’ora del giorno (i raggi del sole sono più efficaci tra le 10.00 e le 15.00), la quantità di copertura nuvolosa e inquinamento atmosferico, la latitudine (le città vicine all’equatore sono esposte a livelli di raggi UV più elevati). Questi fattori possono allontanarci dalla soglia ottimale (50-60 ng/mL) di concentrazione nel sangue di 25-idrossicolecalciferolo (forma pro-attiva della vitamina D3) ed essere la causa del progredire di uno stato carenziale chiamato ipovitaminosi D, in cui la concentrazione nel sangue è riscontrata su valori inferiori a 20 ng/mL. Questo stato di ipovitaminosi ha una serie di effetti negativi che compromettono la mineralizzazione ossea e portano quindi ad un maggiore rischio di sviluppo di osteoporosi negli individui adulti, oltre a tutta un’altra serie di disturbi causati da questo deficit.
Secondo i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti), per non incorrere in carenza di vitamina D, il fabbisogno è di 15 µg/die per entrambi i sessi. In realtà situazioni di ipovitaminosi D sono più frequenti nelle donne in quanto parte della vitamina D viene prodotta a livello testicolare (se non sono presenti particolari patologie, ad esempio obesità). Va aggiunto inoltre che esistono alcune situazioni in cui il fabbisogno di vitamina D aumenta e in cui, quindi, va considerato un approccio di integrazione. Per citare alcuni esempi: in gravidanza, in cui c’è un aumentata richiesta per il normale sviluppo dell’embrione nelle prime fasi di gestazione, durante la menopausa, in cui c’è riduzione delle concentrazioni di calcio nelle ossa con conseguente osteoporosi, nei soggetti anziani, nei quali l’efficienza della sintesi cutanea di vitamina D diminuisce (come dei pannelli solari che col tempo perdono la loro efficienza nell’assorbire la luce del sole) e nei soggetti diabetici (Cesareo et al., Nutrients, 2018).
Negli sportivi la carenza di vitamina D si manifesta spesso e può potenzialmente influire sull’efficienza dell’allenamento oltre che con la salute in generale. Il tipo di disciplina può essere un fattore determinante: un allenamento indoor infatti non permette l’esposizione alla luce solare e di conseguenza non può esserci la sintesi della vitamina.
Poiché la vitamina D interviene in molte vie metaboliche, è molto importante che lo sportivo consideri la possibilità di un’integrazione per assicurare un’adeguata disponibilità e stoccaggio così da ottenere prestazioni ottimali. Alcuni studi hanno dimostrato che il mantenimento di un adeguato valore di vitamina D può ridurre le fratture da stress, infiammazioni, malattie infettive e aiuta il recupero della funzionalità muscolare compromessa dopo un infortunio (Larson-Meyer, Nutritional Coaching Strategy to Modulate Training Efficiency, 2013). Lo stato di vitamina D è inoltre positivamente associato alla forza muscolare (aumento delle dimensioni e della quantità di fibre muscolari a contrazione rapida) e alle prestazioni fisiche, può quindi fornire un miglioramento della performance, soprattutto in quei periodi dell’anno in cui non è presente ai massimi livelli nel sangue (estate e autunno).
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Modo d’uso: si consiglia l’assunzione di 1 capsula al giorno accompagnata da un bicchiere d’acqua.

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